RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX -
Chiesti 2 anni per De Gennaro
Genova, 2 luglio 2009
G8, IL PROCESSO DI GENOVA ALL’EX CAPO DELLA POLIZIA
Chiesti 2 anni per De Gennaro
Il pm: spinse l’ex questore
Colucci amentire. Un anno
e 4 mesi chiesti per Mortola
La condanna a due anni
di reclusion per l’ex capo della Polizia
Gianni De Gennaro,e a un anno e quattro mesi
per l’ex dirigente della Digos
di Genova Spartaco Mortola, è stata
chiesta dal pm Enrico Zucca al processo per istigazione alla falsa testimonianza.
Secondo l’accusa De Gennaro,
attuale coordinatore dei servizi segreti
italiani, e Mortola, oggi vicario della
questura di Torino, avrebbero fatto
pressioni sull’ex questore di Genova
Francesco Colucci, affinché mentisse
durante le udienze per la sanguinosa
irruzione nella scuola Diaz durante il
G8 del 2001. Nel calcolo della pena
chiesta per De Gennnaro l’accusa ha
considerato equivalenti le attenuanti
generiche con le aggravanti, poiché
l’ex numero uno della polizia italiana
era un superiore in grado al momento
del fatto.
«Il capo mi ha dato le sue
dichiarazioni…e m’ha detto:
“bisogna che aggiusti un po’ il
tiro”, devo fare marcia
indietro…».
Francesco Colucci, ex questore di Genova,
spiega all’ex dirigente Digos Spartaco Mortola
come dovrebbe modificare la sua testimonianza
in vista del processo Diaz, dopo aver parlato con
Gianni De Gennaro.
Ci fu un fronte compatto, dal
piantone della questura fino
ai vertici della polizia, per
proteggere i colleghi
imputati.
Requisitoria del pubblico ministero Enrico Zucca,
prima della richiesta di condanna per l’ex capo
della polizia, e attuale coordinatore dei servizi
segreti, Gianni De Gennaro, e per l’ex capo Digos
di Genova Spartaco Mortola.
Il Pm: «Due anni per De Gennaro»
G8 di Genova, l’ex capo della polizia accusato di istigazione alla falsa testimonianza
Adesso strizza l’occhio e
stringe la mano ai cronisti. Poi s’avvia
verso l’Audi scura e risponde «no grazie» alla richiesta d’un commento, allargando
un sorriso che non finisce più
e sibilando una frase incomprensibile,
che forse, ma solo forse, è «non vi basta
questo?». L’ex capo della polizia
Gianni De Gennaro, oggi coordinatore
dei servizi segreti italiani, non ha commentato
in altro modo l’exploit della
Procura di Genova che ha chiesto di
condannarlo a due anni, con sospensione
dagli incarichi, per istigazione
alla falsa testimonianza: secondo l’accusa
spinse il suo sottoposto Francesco
Colucci (ex questore di Genova) a
mentire nelle deposizioni del processo
Diaz - l’irruzione degli agenti nella
scuola dove dormivano i noglobal dopo
il G8 del luglio 2001 - per tenerlo fuori
dai guai. Il pubblico ministero Enrico
Zucca ha proposto anche un anno e
quattro mesi per l’ex capo della Digos
Spartaco Mortola (al momento numero
due della questura di Torino) che
avrebbe fatto da “spalla” a De Gennaro
imbeccando Colucci con una serie di
telefonate. Il vecchio questore sarà invece
giudicato successivamente, poiché
al contrario dei due colleghi non ha
scelto il rito abbreviato. Nel frattempo
è stato promosso a prefetto, ma non ha
più incarichi operativi ed è «a disposizione» del ministero dell’Interno.
È stato un passaggio cruciale, quello
di ieri mattina, il primo punto fermo
d’una vicenda che imbarazza parecchio il Viminale anche se le difese,
nelle
due udienze in calendario alla metà di
luglio, daranno battaglia. I motivi sono
tanti, a partire dal “peso” di De Gennaro
che attualmente guida il Dis (Dipartimento
delle informazioni per la
sicurezza), ovvero il massimo collegamento
fra l’ex Sisde e l’ex Sismi (rinominati
Aise e Aisi). E poi perché l’accusa,
nel formulare l’ipotesi d’una condanna
aggravata per De Gennaro dal
suo ruolo direttivo e dall’aver fatto
pressioni su chi occupava gradini più
bassi nella scala gerarchica, ha insistito
sul vero senso dell’indagine: «Ci fu un
fronte comune - ha rimarcato Zucca
nella requisitoria - dal piantone fino ai
massimi livelli, per proteggere i colleghi
imputati». L’ipotesi dei magistrati
è netta: dopo che un gruppo di poliziotti
fu rinviato a giudizio per il raid e
il pestaggio degli antagonisti, funzionari più o meno alti si misero d’accordo
per far sì che le responsabilità ricadessero
sempre e solo su due personaggi,
che dalle indagini erano già usciti e
non si potevano più incolpare. Uno era
il prefetto Arnaldo La Barbera, quasi
sempre indicato come colui che decise
di spedire i celerini nell’istituto, ma ucciso da un tumore prima che le udienze
entrassero nel vivo e potesse eventualmente
controbattere. L’altro è l’ex vicario
della questura bolognese Lorenzo
Murgolo, spesso definito (non si
capisce a che titolo) quale «vero responsabile
sul campo» dell’operazione
Diaz. Peccato che Murgolo fosse già
stato prosciolto in istruttoria, per
quella vicenda, e quindi nulla lo
avrebbe potuto trascinare nuovamente
nel gorgo giudiziario. In questa
cornice di “smarcamento” da ogni responsabilità
sull’intervento che provocò
oltre 80 feriti due dei quali gravissimi,
i pm hanno quindi inserito il tentativo
di De Gennaro di rimanere ulteriormente
fuori dalla catena di
comando. E qui entra in gioco la telefonata
che Colucci fece a Mortola
nell’aprile 2007, spiegando che di lì a
poco sarebbe venuto a Genova per testimoniare
al processo Diaz e che il
“capo”, dopo avergli mostrato le dichiarazioni
rese in precedenza ai giudici,
gli aveva chiesto di fare «marcia
indietro» su alcuni aspetti. In particolare,
ammette ancora Colucci parlando
con Mortola, l’ex questore di Genova
avrebbe dovuto sostenere d’essere
stato lui in persona a chiamare la
stampa quella notte, mentre nel primo
interrogatorio ribadì che l’idea era
stata di De Gennaro. E alla fine, in aula,
Colucci cambia davvero versione: «Il
dettaglio sull’addetto stampa solo in
apparenza è irrilevante - hanno precisato
i pm - poiché certifica come De
Gennaro fosse informato direttamente
della ricognizione, e direttamente partecipò
alla sua gestione». «Ci aspettavamo
la richiesta - ha commentato
Franco Coppi, difensore di De Gennaro
che ha incassato pure la solidarietà
del ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi -, ma
non c’è stata alcuna falsa testimonianza
o istigazione ad essa». Piergiovanni
Iunca e Alessandro Gazzolo, legali
di Mortola, concordano: «Non importa quale pena è stata chiesta,
poiché
un solo giorno dc ondanna sarebbe indelebile
per un alto funzionario. Ed è
assurdo che Mortola rischi per aver
fornito informazioni che tutta Italia
conosceva già, avendole lette sui giornali». Le parti civili (due giovani picchiati
alla Diaz e il comitato “Giuristi
democratici”) hanno chiesto cinquemila
euro di risarcimento provvisorio.
MATTEO INDICE
IL BLITZ ALLA DIAZ
PESTAGGI E FERITI
Nella notte fra il 21 e il 22 luglio
2001, dopo gli scontri di piazza e la
morte di Carlo Giuliani nelle
manifestazioni di protesta contro il
G8, la polizia fa irruzione alla
scuola Diaz, dove dormono i
noglobal. Ottanta sono feriti (uno
finì in coma), 93 arrestati. Gli
arresti vengono in seguito
annullati e si scopre che le molotov
sequestrate nell’istituto per
giustificare la presunta “reazione”
degli agenti, erano state in realtà
introdotte dalla polizia.
IL PROCESSO
ASSOLTI I “VERTICI”
Per la sanguinosa irruzione alla
Diaz e per i falsi verbali nei quali si
dichiarava che le molotov erano
state trovate nella scuola, vengono
rinviati a giudizio 29 poliziotti, tra i
quali altissimi dirigenti. Sedici
sono assolti (fra loro tutti i “big”),
tredici condannati per un totale di
35 anni e sette mesi. Di fatto,
vengono puniti solo alcuni
“picchiatori”, ma non si
riscontrano responsabilità più
articolate nella catena di comando
che gestì il raid.
I DEPISTAGGI
TESTIMONI “PILOTATI”
Durante il processo, secondo la
Procura, poliziotti imputati e
poliziotti testimoni si accordano
per far “convergere” le
responsabilità del massacro Diaz
su due personaggi che non
possono più essere imputati (uno è
morto, l’altro è stato prosciolto in
istruttoria). In questo clima di
«omertà» maturerebbero le
pressioni esercitate dall’ex capo
della polizia Gianni De Gennaro
sull’ex questore genovese
Francesco Colucci.